Home > Approfondimenti > Patologie -> Gomito del tennista o Epicondilite: tipologie, cause, sintomi e cure
Con il termine epicondilite laterale si intende un’infiammazione e talvolta una degenerazione dei tendini che si inseriscono sul gomito e nello specifico sull’epicondilo laterale, situato sulla parte esterna dell’articolazione. Si tratta di strutture tendinee i cui ventri muscolari sono responsabili dei movimenti di estensione del carpo, ossia del polso.
Nel gergo comune è anche soprannominata “gomito del tennista”, anche se può colpire chiunque e non solamente i tennisti. In ogni caso in questa circostanza ci sembra più appropriato nominarla con il suo termine scientifico.
In effetti sono molte le categorie professionali e sportive che possono essere coinvolte, a tal punto da poterla considerare una vera e propria malattia professionale, colpendo soprattutto chi svolge lavori pesanti (ad esempio operai), ma anche chi passa molto tempo al computer. Solitamente i pazienti affetti da questa patologia svolgono attività lavorative o sportive che implicano continui e ripetuti movimenti con il polso e con il gomito, non necessariamente svolti ad alta intensità.
La fascia di età maggiormente coinvolta è quella compresa tra i 30 e 50 anni.
L’epicondilite laterale è quella che coinvolge la parte esterna del gomito mentre l’epicondilite mediale coinvolge la parte interna ed anche detta epitrocleite. Talvolta può presentarsi anche bilateralmente, ossia da entrambe le parti, anche se è un evento abbastanza infrequente. Quando questo disturbo permane nel corso dei mesi può svilupparsi nella sua forma cronica, ossia rimanere latente e talvolta sfociare in alcune fasi più acute.
Si parla di epicondilite laterale quando il processo infiammatorio delle strutture tendinee coinvolge la parte esterna del gomito e questo è dovuto al fatto che questi tendini si inseriscono sulla prominenza ossea, detta epicondilo, situata in quella regione.
Si parla di epicondilite mediale o epitrocleite quando il processo infiammatorio delle strutture tendinee coinvolge la parte interna del gomito e questo è dovuto al fatto che questi tendini si inseriscono sulla prominenza ossea, detta epitroclea, situata in quella regione.
Quando il processo infiammatorio coinvolge entrambe le regioni si parla di epicondilite bilaterale.
Si parla di epicondilite cronica quando i sintomi si presentano per un tempo superiore ai tre mesi e convenzionalmente si suddivide in quattro stadi:
L’epicondilite laterale e quella mediale provocano alcuni sintomi dolorosi che coinvolgono rispettivamente la regione esterna o interna del gomito, anche se talvolta il dolore può essere riferito anche lungo l’avambraccio.
Questi sintomi generalmente rispondono ad un classico meccanismo di “on/off”, caratterizzato dalla comparsa e riduzione della sintomatologia dopo alcune attività provocative quali, per esempio, quelle di prensione e sollevamento di oggetti anche leggeri. Soltanto nei casi più gravi il dolore permane anche a riposo.
La regione in cui si presenta il dolore corrisponde alla prominenza ossea che si trova sull’area esterna o interna del gomito ed alcuni test clinici che è possibile effettuare all’interno del Centro Fisio Logic possono confermarlo.
Le cause dell’epicondilite, soprattutto nella sua forma cronica, sono da ricercarsi nei movimenti ripetuti e continuativi del polso e del gomito, che creano un’eccessiva sollecitazione a carico dei tendini che si inseriscono sul gomito. Questi continui movimenti, infatti, creano con il passare del tempo un vero e proprio squilibrio muscolare, con il risultato che alcuni muscoli tendono a irrigidirsi e perdere elasticità mentre altri risultato eccessivamente deboli.
La cura dell’epicondilite è naturalmente variabile in funzione del quadro clinico che presenta il paziente. In generale possiamo dire che il riposo funzionale è il primo rimedio vero e proprio, ossia astenersi dalle attività che provocano i sintomi o quanto meno, ove non sia possibile, modificarne l’esecuzione.
Se lo stato infiammatorio si presenta in forma acuta la cura efficace per iniziare il processo di guarigione può essere connessa all’assunzione farmacologica antinfiammatoria per via orale o locale e in questo senso consigliamo di rivolgersi al proprio medico curante. Anche l’utilizzo di specifici tutori nelle fasi iniziali può contribuire a dare sollievo al paziente, anche se invitiamo il paziente a non abusarne, così come per altro per quanto riguarda l’assunzione di medicinali. Infatti questi sono rimedi efficaci al momento ma non curano le vere cause del dolore purtroppo e pertanto, se intesi come unico rimedio, non consentono al paziente di risolvere definitivamente il problema.
Superata la prima fase il nostro consiglio è sicuramente quello di intraprendere un percorso riabilitativo, che possa, in prima battuta, ristabilire attraverso la terapia manuale un corretto equilibrio non solo dal punto di vista meccanico ma anche metabolico, tramite specifiche manipolazioni che il fisioterapista utilizza per trattare il disturbo. A seguire una corretta kinesiterapia consente attraverso esercizi mirati di ripristinare attivamente l’equilibrio muscolare, con il rinforzo di alcune strutture e la promozione dell’elasticità di altre.
Anche l’approccio osteopatico, con la sua visione globale sul sistema corporeo, può contribuire, quando l’intensità del dolore si riduce, a migliorare ulteriormente il quadro patologico: in questo senso basti pensare che il gomito è strettamente connesso alla spalla e alla colonna cervico – dorsale e il trattamento di tali regioni può influire sul gomito stesso.
I rimedi temporanei per l’epicondilite sono soprattutto due: il primo riguarda il riposo funzionale che, come detto, si pone come obiettivo quello di ridurre al massimo le sollecitazioni che possono provocare i sintomi. Questo significa evitare soprattutto di sollevare pesi da quel lato ed limitare in generale tutte le attività dove si richiede una prensione, come ad esempio aprire una bottiglia o utilizzare il coltello per affettare un alimento.
Un secondo rimedio temporaneo per il cosiddetto gomito del tennista è indubbiamente l’utilizzo del ghiaccio, meglio se utilizzato a cicli per più volte al giorno, specie durante le fasi acute: con “ciclo” intendiamo una applicazione che preveda il mantenimento del ghiaccio per qualche minuto al termine del quale si deve lasciare la parte senza ghiaccio per un altro minuto e così via, fino ad un massimo di dieci minuti (per tre o quattro volte al giorno).
I rimedi “della nonna” per il gomito del tennista fanno riferimento ad una serie di pratiche non convenzionali che, pur non facendo parte della medicina ufficiale, possono sortire un beneficio sui sintomi dell’epicondilite, specie se questa si presenta in forma lieve. Per chiarezza va detto che questi rimedi non sostituiscono una terapia vera e propria che, come più volte espresso, deve avere come obiettivo primario quello di ricercare le cause del disturbo.
I principali rimedi della nonna sono:
Le terapie per l’epicondilite sono essenzialmente tre, ossia quelle farmacologiche, conservative e chirurgiche, che si utilizzano raramente e al solo fallimento delle precedenti.
Per quanto concerne le terapie farmacologiche e conservative sicuramente quelle che possono dare maggiori benefici sono legate al mondo della fisiatria cosiddetta interventistica, che talvolta prevede l’utilizzo di infiltrazioni di tipo cortisonico o le onde d’urto, che fanno parte delle terapie fisiche strumentali. Sono questi argomenti abbastanza complessi da sviluppare, tuttavia per semplicità basti pensare che hanno come scopo quello di ridurre l’infiammazione tramite un ripristino del metabolismo locale dei tendini colpiti.
Sicuramente l’ambito riabilitativo e fisioterapico nello specifico costituiscono sono elettivi per il trattamento dell’epicondilite e in questo senso sono davvero molti gli strumenti che possono essere utilizzati, dal kinesio taping al bendaggio funzionale fino all’insegnamento di specifiche tecniche di automassaggio che, se praticate, con costanza possono dare risultati davvero sorprendenti.
La scelta di intervenire chirurgicamente dipende da diversi fattori, il primo dei quali è sicuramente legato al fallimento delle terapie conservative per un tempo variabile di almeno sei – dodici mesi. Naturalmente molto dipende anche dalle richieste funzionali del paziente e le sue condizioni di salute generali.
In ogni caso l’intervento chirurgico consiste nella rimozione della parte danneggiata del tendine e può essere eseguito a cielo aperto attraverso il distacco dei muscoli che si inseriscono sull’epicondilo e talvolta la rimozione del menisco omero – radiale se presente oppure in forma artroscopica, modalità attraverso la quale il chirurgo entra all’interno dell’articolazione applicando solo alcuni fori che permettono il passaggio di appositi strumenti.
Al termine dell’intervento sono necessari circa due o tre mesi di fisioterapia per un recupero completo.
Per il trattamento dell’epicondilite vi sono molti esercizi riabilitativi che possono essere eseguiti, che possiamo schematicamente suddividere in tre categorie:
Gli esercizi da evitare per l’epicondilite sono soprattutto quelli che prevedano le prensioni (ovvero il movimento di afferrare) e, in generale, quelli che provocano dolore.
L’approccio farmacologico locale in caso di epicondilite può indubbiamente contribuire a migliorare la sintomatologia, anche se occorre fare alcune distinzioni: i cerotti e le pomate ad uso topico locale contengono al loro interno farmaci antinfiammatori e devono essere utilizzate seguendo le indicazioni della casa di produzione per non incorrere in altrettanto spiacevoli effetti collaterali.
Le infiltrazioni invece prevedono l’iniezione di farmaci a base cortisonica direttamente nella regione infiammata: è una pratica che viene eseguita da personale sanitario specializzato (ortopedico o fisiatra), generalmente con due o tre somministrazioni distanziate di una settimana.
Va detto che in ogni caso, sia nel caso di farmaci ad uso topico locale sia in via iniettiva, il nostro consiglio è di appurare le cause che hanno condotto al disturbo, non limitandosi in alcun modo alla sola risoluzione del sintomo dolore. Questo permette di non incorrere in recidive e dunque alla cronicizzazione futura. Questo può essere fatto rivolgendosi direttamente ad un Centro di recupero come Fisio Logic.
Per contrastare il gomito del tennista sono disponibili in commercio diverse tipologie di tutori, che hanno diversi obiettivi a seconda dei modelli: vi sono infatti alcuni tutori che limitano quasi completamente la mobilità dell’articolazione del gomito, in modo da evitare il più possibile i movimenti provocativi per il tendine infiammato. In generale ne sconsigliamo l’utilizzo in quanto il rischio della rigidità articolare può essere addirittura peggio del disturbo che si intende trattare.
Vi sono sono poi altri tutori a fascia elastica dotati di un cuscinetto all’interno, che hanno come scopo quello di ridurre il dolore: va detto che queste sono soluzioni utili ma se non utilizzate con i dovuti accorgimenti possono risultare controproducenti e per questo il nostro consiglio è quello di utilizzare il tutore soltanto se associato ad un percorso terapeutico. Qualora il paziente scelga di utilizzare esclusivamente il tutore esiste un concreto rischio di rimandare la risoluzione della causa, favorendo la cronicizzazione della patologia.
Tags: Esercizi per il benessere
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