Home > Approfondimenti > Patologie -> Epitrocleite o Gomito del golfista: cause, sintomi e cure
L’epitrocleite o gomito del golfista o epicondilite mediale, è molto meno frequente dell’epicondilite laterale ma richiede allo stesso modo un’indagine specifica e mirata per la prossimità con le altre strutture mediali che possono simulare un’epicondilite.
Nella maggior parte dei casi, questa patologia si instaura in modo subdolo ed ingravescente. Proprio a causa del suo lento esordio, molto spesso viene sottovalutata e non adeguatamente indagata e trattata, fino al punto in cui il dolore impedisce una normale funzione dell’avambraccio.
L’epicondilite mediale o epitrocleite (chiamata spesso gomito del golfista) viene definita come una condizione patologica che coinvolge l’origine del pronatore rotondo e del flessore radiale del carpo sull’epicondilo mediale. Tuttavia, possono essere presenti anche alterazioni nel flessore ulnare del carpo e nel lungo palmare. Questi muscoli dell’avambraccio sono quelli coinvolti durante la presa della mano e si attivano anche durante il movimento funzionale di tutto l’arto superiore di trazione o lancio.
È estremamente importante differenziare l’epicondilite mediale da una rottura del LCU (legamento collaterale ulnare) e dall’instabilità. In queste ultime, una sollecitazione in valgo rivela il dolore al LCU e l’apertura (instabilità) dell’articolazione del gomito.
Associata a entrambe queste condizioni può essere presente una neuropatia dell’ulnare al gomito.
La diagnosi clinica di epicondilite mediale si basa sul dolore e sulla dolorabilità alla palpazione localizzata all’epicondilo mediale, con la flessione del polso e la pronazione contro resistenza. Il dolore mediale viene spesso provocato stringendo il pugno; la forza della presa di solito è ridotta.
Come tutte le patologie del sistema muscolo scheletrico, la tempestività nella diagnosi, il tempo di insorgenza del dolore e il grado di infiammazione dei tessuti e quindi la loro degenerazione, sono i fattori che rendono i tempi di recupero più o meno lunghi.
I tempi possono variare da 1 a 3 mesi a seconda del gravità del caso.
Le differenze fra il gomito del tennista e quello del golfista di cui parliamo in questo approfondimento, riguardano essenzialmente il comparto muscolare interessato e la sua inserzione a livello tendineo. Il gomito del tennista colpisce il comparto dei muscoli estensori della mano e delle dita, mentre il gomito del golfista, il comparto dei muscoli flessori della mano e delle dita.
Un fattore causale è il trauma continuo che porta a microlacerazioni. I lanciatori che hanno sollecitazioni in valgo e trazioni ripetitive della muscolatura flessoria dell’avambraccio sviluppano una sindrome da sovraccarico che colpisce l’origine mediale comune dei flessori. Il tennis, lo squash e i lanci in generale creano spesso questa condizione. Il servizio e il dritto al tennis sono i gesti che più facilmente inducono dolore.
Di solito, considerando la natura degenerativa della patologia, la fase acuta può esistere ma essere estremamente breve o legata esclusivamente al movimento che elicita il sintomo. In caso di fase acuta il dolore può presentarsi come localizzato a livello dell’epitroclea che si accentua se sottoposto a pressopalpazione volontaria o quando si appoggia il gomito su una superficie rigida. Il dolore può acuirsi nel momento in cui si afferra qualcosa con la mano.
Il trattamento conservativo dell’epicondilite mediale è simile a quello dell’epicondilite laterale e inizia con la modificazione o la sospensione delle attività che producono un sovraccarico da tensione, l’eziologia all’origine dell’epicondilite mediale e con la correzione di errori nell’allenamento (eccessivo) e del meccanismo che provoca il sovraccarico. Per controllare l’edema e l’infiammazione si utilizzano il ghiaccio e i FANS. Esistono tutori che offrono una controforza alla massa dei flessori, ma con scarsi risultati. Tecniche di stretching ed esercizi per il ROM (range di movimento) sono gli stessi descritti per l’epicondilite laterale. Quando il dolore acuto e l’infiammazione si sono risolti, si dà inizio a esercizi di rinforzo del gomito, dell’avambraccio, del polso e della cuffia dei rotatori, concentrandosi sul rinforzo dei flessori del polso. Se i sintomi persistono, può essere utile un’iniezione di cortisone nell’area di massima dolorabilità, ma non più frequenti di una ogni 3 mesi e per non più di tre iniezioni all’anno. L’intervento chirurgico può essere indicato quando i
sintomi persistono da più di 1 anno.
Nella fase acuta è possibile utilizzare le terapie strumentali per coadiuvare il processo di riparazione e rigenerazione tissutale. Terapie come le onde d’urto, il laser, la tecar possono velocizzare il processo di recupero e fare in modo che la fase acuta sia meno lunga e dolorosa. Esistono anche altri tipi di strumenti contenitivi come il bendaggio funzionale o il kinesio tape che possono, in un caso, limitare il movimento doloroso, in modo tale da non alimentare il circuito infiammatorio instaurato. Grazie al kinesio tape viene fornito uno stimolo esterocettivo in grado di migliorare il microcircolo locale. Questo farà in modo, di rendere più rapidi i tempi di recupero.
Esercizi per il ROM (range di movimento)
Esercizi di rinforzo
Il programma di esercizi comprende:
Esercizi di flessione e di estensione del gomito
Per la forza dell’avambraccio e della mano, schiacciare ripetutamente una palla da tennis.
Far migliorare forza, flessibilità e resistenza in maniera graduata, con esercizi a bassa velocità e l’applicazione di una resistenza che aumenta gradatamente.
Una filosofia “nessun dolore-nessun guadagno” in questo caso è scorretta. Anche Galloway, De Maio e Mangine suddividono il loro approccio ai pazienti con epicondilite mediale o laterale in tre fasi. La fase iniziale è rivolta alla riduzione dell’infiammazione e alla preparazione del paziente alla seconda fase.
La seconda fase sottolinea il recupero della forza e della resistenza. Vengono identificati e modificati gli eventuali fattori specifici di aggravamento.
La fase 3 include una rieducazione funzionale che ha lo scopo di riportare il paziente al livello di attività auspicato.
Questo protocollo è basato anche sulla gravità dei sintomi iniziali e sui dati obiettivi rilevati all’inizio del trattamento.
I movimenti da evitare sono quelli in cui si attiva il comparto flessore dell’avambraccio. Ovviamente questo tipo di muscoli interviene in moltissimi movimenti, ma non tutti sono dolenti, questo perché esiste una soglia di attivazione del dolore che è diversa in base al grado di degenerazione dei tessuti, al grado di infiammazione, etc…In linea di massima, la massima pronazione del polso associata alla flessione della mano a pugno stretto può generare il dolore.
I tutori, come il bendaggio, hanno l’obiettivo di limitare il movimento dell’avambraccio applicando anche una pressione nella regione da cui origina il dolore. In verità la loro efficacia in termini terapeutici è ridotta. Può essere utilizzata inizialmente per evitare di compiere movimenti che possano alimentare il circuito doloroso e infiammatorio.
Tags: Esercizi per il benessere
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